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Testo del Bando di CArnevale 1856 ritrovato da Claudio Tosti |
Il carnevale era una festa prettamente romana. Al
Corso si davano appuntamento tutti: romani e stranieri, popolani e nobili,
politici ed ecclesiastici. Tutti in maschera a far battaglie con gli antenati
dei coriandoli, palline di gesso, a mangiar confetti e indovinare chi fosse la
bella ragazza abbigliata da cortigiana, spesso seduta su una specie di
portantina per essere meglio ammirata. Per gli stranieri però le giovani Frascatane,
vestite con i loro costumi erano certamente le più belle parola di Alexandre
Dumas! Tutti a piedi o in carrozza e “nel mezzo del cocchio son due panieri; l'uno pieno di confettini a
granuola di gesso, e l'altro di massetti di fiori. (…)E gli è una gioia a
vedere que' nobili e ricchi giovanotti stranieri scalmanarsi a gittar manciate
e mestolate di confetti sulla folla del popolo, e a far lune e soli e stelle
sulle schiene, perocché i confetti rompendosi e sfarinandosi fan sulle giubbe
sprazzi e cialdoni bianchissimi.” Le famiglie nobili addobbavano e uscivano
nei loro “carri”, famose le uscite di Cristina di Svezia nel XVII secolo e
qualcuno ricorda che
quello del marchese
Costaguti, raffigurava: «
con vago
lavoro, et apparato di confettura e piante di pomi canditi, una confettiera con
li suoi operari, che gittavano in grandissima copia confetti e pomi canditi al
popolo, et a’ cardinali, et a dame; quanti erano per ringhiera e per finestra
altrettante canestre inargentate mandavano ».
Chi non poteva andare a Roma certamente non rinunciava al carnevale,
anche a Frascati nell’Ottocento si festeggiava. Testimonianze letterarie poche
ma Claudio Tosti, appassionato e instancabile antiquario titolare della
Galleria Theodora ha pubblicato un interessante e divertente manifesto fatto
affiggere dal Governatore di Frascati nel 1856 in occasione del carnevale tuscolano.
Una sorta di lista di diritti e doveri affinchè fossero rispettati “L’ordine, la tranquillità e la decenza
pubblica”. I precetti erano molteplici ci si poteva mascherare ma non di
venerdì. Era fatto esplicito divieto di mascherarsi con abiti da religiosi, bisognava evitare di dire
o fare “cose irriverenti” nei confronti della religione e della politica
di “mettere
in derisione e satira qualunque persona sia direttamente sia con allusioni di
vestiario e di motti e in qualunque altra maniera.” I festanti non potevano
coprire il viso”
non solo con barbe tinte, ma
eziandis con tinture ed altri artificij si di giorno che di notte, ed in
qualunque luogo tanto publico, quanto privato e esclusivamente ai Teatri,
festini, e veglioni suddetti”.
Il carnevale era comunque una festa molto
attesa e così si festeggiava non solo per strada e nelle ville. Il pittore
russo Silvestr Scedrin
ricorda nel 1838“
La principessa Zinaida Aleksandrovna Volkonskaja e tutti
coloro che vivevano con lei si travestirono da gatti e riempirono una carrozza,
dove anche in serpa e a cassetta i servi erano mascherati da gatti. Dietro, in
un’altra carrozza, seguiva la comitiva composta da me, Gal’berg e Ton in
costumi da cane; queste inedite maschere attiravano l’attenzione di tutti e al
nostro passaggio si levavano grida e risate”. Carnevale di popolo e di nobiltà ma anche nei seminari e nei convitti religiosi
arrivava il momento di divertirsi. Così ad esempio scrive il
Grossi Gondi a proposito degli eventi a Mondragone “Il tempo del carnevale, poi, erano per il P.
Folchi giornate campali. Egli stesso, e se ne intendeva, dipingeva le scene per
il teatro, dirigea ed aiutava quanti altri si occupassero delle recite.(…) Operette
in musica é quadri plastici. E alle recite accorrevano, come tuttora accorrono,
da Roma e i parenti degli alunni e altri eletti personaggi. Perchè poi ai suoi
cari figliuoli non avesse a mancar nulla di quegli onesti divertimenti, che
stando in famiglia avrebbero potuto godere, promoveva egli nel carnevale grandi
mascherate, talora anche su carri, che percorrevano i grandi viali della villa,
e poi tombole chiassose, gridate dal grande loggione interno, e lotterie d'ogni
sorta e ragione.”
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