La Frascatana e le altre - Le ottobrate di Minenti e Mozzatore


Attiravano l'attenzione dei viaggiatori stranieri le festose scampagnate fuori porta delle tiepide ottobrate romane colpiti dal clima gioioso che, dal Settecento, i giovedì e domeniche di ottobre coinvolgeva tutto il popolo. Naturlmente sono le donne che anche qui hanno un rilievo particolare: mozzatore e minenti. Donne ritratte da pittori, incisori e descritte da tanti romanzieri.
W.Marstrad, 1847
La stagione della vendemmia era una stagione di grande allegria, durante la quale ci si può poteva permette qualsiasi cosa senza per questo offender nessuno. E’ sempre William Wetemore Story a narrare gli usi, di cui speso si è persa memoria come la processione della vendemmia:
Questa cerimonia, nella quale classico e moderno sono a volte grottescamente mescolati, è tuttavia sempre divertente e pittoresca. Se volete vederla al suo meglio dovete recarvi nei paesi di montagna, quelli lontani dalla città, perché le vecchie tradizioni stanno tristemente scomparendo dalle strade maestre frequentate dai viaggiatori, e gli  ultimi cinquant’anni hanno cancellato, nell’Italia di oggi, più tradizioni classiche di quanto i secoli precedenti abbiano fatto. La processione è condotta dal contadino più bello, scelto per l’occasione dai suoi compagni per rappresentare Bacco. Viene incoronato con foglie di vite e  di edera e con grappoli d’uva; come ai vecchi tempi , tiene in mano un thyrsus decorato con fiori ,foglie ed edera, sulla cui punta è stata posta una pigna. Non indossa più la pelle di leopardo o di pantera bensì una pelle di pecora, nuova e soffice, che gli ricade da una spalla. È seguito da gruppi di donne vestite nei loro costumi più ricchi, con sul capo cesti carichi d’uva, e da ragazzi che portano in mano i grappoli. Bacchantes e Lenoe lo circondano agitando delle canne intrecciate con tralci di vite, percuotendo tintinnanti tamburelli, strimpellando chitarre o mandolini, e gonfiando ritmicamente le fisarmoniche.  Vengono quindi i grandi carri, riccamente decorati con colori sgargianti, foglie e fiori trascinati da buoi bianchi macchiati con il succo d’uva; ed infine, la processione si chiude con un personaggio grasso dalla gonfia pancia posticcia. Seduto si di un somaro, agghindato in modo buffo, il volto macchiato d’uva, raffigura Sileno che con smorfie, canti e oscillando pericolosamente sulla sua cavalcatura, fa finta di esser ubriaco. E’ l’uomo più arguto del paese e ha piena facoltà, in quest’ occasione, di insultare tutti dirigendo il suo sarcasmo su chicchessia. Accanto a questi personaggi ,secondo l’antica tradizione, i contadini agitano delle torce accese. E così, accompagnata dal suono di tamburelli,  di mandolini, da grida di Viva Bacco/ (Evoe Bacchus!)Viva la vendemmia!, da gente che balla, gesticola e fa smorfie, la gioiosa processione traversa allegramente i campi ed il paese. Lo stesso parroco non disdegna di prender parte alla festa, anima e cuore, e di unirsi alla processione.

Dopo la fine della vendemmia, hanno inizio le festività del mese di ottobre, chiamate Ottobrate. In questa occasione, i romani due volte a settimana, per tutta la durata di questo mese, vanno in gruppo alle ville e nelle vigne vicino a Roma per ballare, cantare e far merenda sotto gli alberi. Ogni lunedì e giovedì si vestono nei loro costumi più sgargianti, stipati nelle carrozze aperte – come a Carnevale - chi seduto sul mantice, chi a cassetta, scuotendo tamburelli e strimpellando chitarre, attraversano le strade della città. La carrozza generalmente decorata allegramente, i cavalli sono ornati con fiocchi e piume sulle briglie di testa e sulla sella. 
Bartolomeo Pinelli
Gigi Zanazzo descrive le Ottobrate a Testaccio ma ovviamente le scampagnate ai Castelli erano altrettanto divertenti. Chi ne aveva la possibilità si muoveva con la carettella, carrozza a guscio di noce tirata da due cavalli. Era consuetudine che le "minenti", donne esponenti della piccola borghesia e popolane vestite a festa ed ornate con fiori e piume, andassero in gruppi di sette o nove, come testimoniano numerose stampe ed incisioni dell'epoca. Suonavano, ballavano e intonavano ritornelli che avevano come tema ricorrente i fiori: "Fiore de lino / è la più bella accanto ar vitturino!". Indossavano un cappello in feltro da uomo portato "alla screpante", cioè sghembo, un abito in seta, una giacca di velluto, calze ricamate e molti gioielli. Ogni uomo, con vestiti ed ornamenti particolarmente sfarzosi, aveva con sé uno strumento musicale. 
Vincenzo Morani
A ravvivare la festa c'era il ritmo travolgente del saltarello, ballo tipico delle Ottobrate, molto ammirato dagli osservatori stranieri come il classico ritornello :

Birimbello birimbello
quant'è bono 'sto sartarello
smovete a destra smovete a manca
smovete tutta cor piede e coll'anca

Il Pranzo de li Minenti era particolarmente ricco scrive Gioacchino Belli (…) Ris’ e piselli, Allesso de vaccina e ggallinaccio,Garofolato, trippa, stufataccio, E un spido de sarcicce e ffeghetelli. Poi fritto de carciofoli e ggranelli, Certo ggnocchi da fàcce er peccataccio, Na pizza aricressciuta de lo spaccio,E un agreddorce de ciggnale e uselli Ce funno peperoni sott’aceto salame, mortadella e caciofiore (...).
E' ancora Zanazzo a ricordarci che "la sera s'aritornava a Roma ar sôno de le tamburelle, dde le gnàcchere e dde li canti... E ttanto se faceva a curre tra carozze e ccarettelle che succedeveno sempre disgrazzie". Spesso ci scappava il morto e i feriti e come ricorda Paul De Mousset ne la Frascatana al San Michele a Trastevere c’era una vero e proprio pronto soccorso attivo per intervenire sui feriti più gravi. Ancora agli inizi dell'Ottocento Roma era circondata da orti e vigne, e se Testaccio era il luogo preferito dai romani per le vignate, le Ottobrate avevano come mete anche altre zone fuori porta. Per la festa si spendeva a volte più di quanto ci si potesse permettere: qualcuno ricorreva persino ai "gobbi", ovvero il Monte dei Pegni. Moglie e marito - ironizza L'Almanacco curioso, burlesco, e di divertimento per l'anno 1860 - portavano entrambi al monte, di nascosto, i vestiti dell'altro. Una donna, se prendiamo per buono il suo racconto, si era spinta addirittura oltre: "Ò levato li banchi e ò messo er letto pe' tera; tanto mi marito vie' a casa imbriaco sempre e nu' se n'accorge mica se sta pe' tera". Ma quando i soldi mancavano proprio e non si poteva, o non si voleva, ricorrere ai pegni, non rimaneva che una festa in "sordina", in una delle ville romane generalmente chiuse al pubblico, ed aperte per l'occasione con "magnanimità" e "benevola condiscendenza" dai loro proprietari. Si trattava di un incontro - che coniugava "la giocondità con la decenza", secondo gli aristocratici scrittori dell'epoca - perché vi mancavano bagordi e vino.
Bartolomeo Pinelli
Ma, se è vero che si svolgeva in modo più ordinato delle vignate, sicuramente era anche meno allegro. Sono le cronache del Chracas, Diario di Roma, a raccontarci cosa accadeva durante la festa. Il programma rimaneva più o meno invariato di anno in anno: giostre, orchestre, alberi della cuccagna, giochi vari quali la canoffiena (altalena di gruppo) e - a seconda dei periodi - globi aerostatici, esibizioni equestri o gare atletiche.

Commenti

Post popolari in questo blog

CHI L'HA VISTO? LA FONTANA DI VERTUMNO A VILLA FALCONIERI

DALLA REGINA DI SARDEGNA AL CUSTODE DI TUSCOLO,LA STORIA DELLA CASINA FIRMATA VOSS

Le opere di Paul Ching Bor ispirate alle ville e alla storia di Frascati. Un omaggio a San Giuseppe Calasanzio