La Frascatana e le altre- Inseguendo la zanzara, Anna Fraenzel Celli
Quando, nella
primavera del 1899, Anna era arrivata per la prima volta alla Cerveletta,
proveniente dalla ispezione fatta con Angelo Celli ai caselli della linea
ferroviaria, conosceva la situazione della campagna romana solo attraverso
generiche informazioni e limitatamente all’aspetto igienico-sanitario.Non s'aspettava di trovare tale miseria.
agro romano |
“M’ero immaginata – racconta – di trovare al
centro della tenuta un villaggetto nel quale abitassero, in belle casette
pulite, con un giardinetto davanti, braccianti e contadini e non posso
descrivere la mia delusione e il mio stupore quando Celli mi additò una
collinetta dove sorgevano, simili ad un attendamento di negri, numerose capanne
con nel mezzo una cappelletta, in aperta campagna, senza un giardino, senza un
fiore. Le capanne erano vicine le une alle altre ed erano fatte di paglia, di
canne, di stocchi di granturco e di foglie secche, senza una finestra e con una
porta, o meglio un buco d’ingresso, così piccolo che per entrare bisognava
chinarsi. Nell’interno della capanna c’era un solo giaciglio, una rapazzola, per tutta la famiglia,
fatto di rami d’albero tenuti assieme da un fil di ferro, sul quale eran stesi
un pagliericcio di cartocci di granturco e pochi stracci. Sull’impiantito in
terra battuta eran disposti i pochi utensili di cucina, una madia, un tavolo e
qualche sgabello a tre piedi. Nel mezzo, c’era poi il focolare fatto di pochi
mattoni in modo che, quando vi si faceva del fuoco, tutta la capanna si
riempiva di fumo. Polli e maiali vivevano promiscuamente con gli uomini.”.
Anna
Fraentzel nasce a Berlino in una famiglia dalla lunga tradizione medica, nonno,
padre, e zia, la fisiologa Margherita Traube Mengarini (1856-1912). "…nel mondo esclusivo dell’alta borghesia
tedesca – scrive nella sua autobiografia- mio nonno e mio padre erano medici
celebri, maestri nell’arte loro, interamente dediti alla loro professione.
Continuo era l’andirivieni di parenti nella casa che mia madre dirigeva con
grande maestria e gentilezza e di cui era, per così dire, l’anima." In questo
clima, intellettualmente vivace, la giovane Anna cerca di seguire la tradizione
familiare impegnandosi in ambito socio-sanitario:, “per poter essere d’aiuto agli uomini e soprattutto alle donne”. Interessata alla medicina ma
impossibilitata dopo la morte del padre, consigliata dalla zia Margherita che
già da qualche anno viveva a Roma, si rivolge al grande infettivologo Angelo
Celli (1857-1914), che in quel periodo era ad Amburgo presso l’Ospedale per le
malattie tropicali a causa della grave epidemia di colera che aveva colpito la
città tedesca. La
zia pensò che la nipote si sarebbe limitata a scrivere una lettera, invece Anna
andò di persona. Dopo un viaggio di ben otto ore sulle panchine dure di diversi
treni, in un giorno di settembre dell’anno 1895, la diciassettenne Anna arrivò
ad Amburgo. Vista la tenacia della giovane, Angelo Celli la ingaggiò subito in
ospedale. Anna, per diventare infermiera avrebbe dovuto iscriversi alla
“Viktoriahaus für Krankenpflege”, un’istituzione che traeva le sue origini
dalla Scuola fondata in Inghilterra da Florence Nightingale, e che era stata
introdotta in Germania dalla Regina Vittoria.
Il personale femminile che conseguiva il diploma
in questa scuola, entrava a far parte di un’Unione, creata per la pubblica
assistenza a domicilio e presso gli ospedali, e composta esclusivamente da
infermiere laiche, le quali, per l’alto grado di preparazione professionale
ricevuto, erano molto richieste. Alle giovani aspiranti infermiere erano
richieste doti di umanità e di comprensione
e dopo i primi mesi di studio seguendo lezioni teoriche di medicina,
fisiologia, anatomia, chirurgia, igiene, farmacologia, le studenti iniziavano a
fare anche tirocinio con malati d’ogni specie di malattie: interne,
chirurgiche, inecologiche, infettive. L’assistenza nella sala operatoria, ogni
specie di medicazione, ogni cura che occorra per la rispettiva malattia, per assistere
l’ammalato e sostituire in alcuni casi il medico stesso. Dopo la partenza di
Angelo Celli per l’Italia, Anna cominciò a scrivergli puntualmente del suo
difficile e faticoso lavoro . Dopo 2 anni di corrispondenza, nel
1897, Angelo
Celli tornò ad Amburgo per un congresso sui metodi di lotta contro la malaria:
fu Anna che lo andò ad accogliere alla stazione.
Due giorni dopo,
la diciannovenne Anna Fraentzel e il trentanovenne Angelo Celli, dopo una
passeggiata lungo l’Alster, decisero di fidanzarsi L’unione con un marito molto
più grande di età, ma anche molto inserito nel mondo scientifico e politico
italiano ed estero, aiutò e indirizzò Anna in modo determinante per la sua
scelta professionale.
L’Italia le offrì la possibilità di inserirsi in un movimento di risveglio
democratico e femminile, aiutandola anche a risolvere “la sua crisi di giovane
donna dedita alla medicina. Forte della sua matrice tedesca, aveva scoperto
l’arretratezza delle attrezzature sociali e civili della penisola, e aveva
cominciato ad operare concretamente su di esse.” (Enzo Santarelli 1979-551)
Arrivata a Roma inizia
a lavorare presso l’Istituto di anatomia patologica dell’Ospedale Santo Spirito
di Roma, ospedale all’avanguardia nella ricerca e nella cura della malaria in
cui venivano ricoverati i malati provenienti dalla campagna romana. Anna oltre
ad aver ritrovato il suo amore, Angelo Celli, fa pratica nel laboratorio di
istologia frequentando diverse cliniche universitarie, vicina ad un gruppo di
scienziati (il gruppo ‘Romano’ Celli, Marchiafava, Bastianelli, Bignami e
Grassi) che nel 1898 individua nella zanzara Anopheles il vettore responsabile
della trasmissione della malaria. Angelo Celli fonda nel 1898 la Società
italiana per gli studi della malaria e organizza due stazioni sanitarie
sperimentali, una a Maccarese e l’altra
alla Cervelletta.
Anna e Angelo Celli a Villa Rasponi |
Dopo le nozze con Angelo Celli, celebrate nel settembre 1899,
la giovane continua la collaborazione con il marito, affiancandolo nella lotta
contro la malaria, con ruoli sempre più definiti nell’ambito della profilassi,
sia meccanica che con il chinino, nonché nelle campagne di educazione delle
popolazioni contadine. Gli anni passati nell'Agro romano permettono ai coniugi
Celli di entrare in contatto con la realtà di quei luoghi e conoscerne da
vicino la povertà: Nel 1901, Anna incrementa tale attività di
sensibilizzazione, nella convinzione che un miglioramento delle condizioni di
vita e un’opera di alfabetizzazione ed educazione igienica fossero premesse
necessarie ed indispensabili per la lotta alla malaria. Nello stesso anno si
adopera per l’avvio di un corso di “assistenza per gli infermi”, presso il
Policlinico. A questo affianca l'insegnamento nei corsi di igiene e per
infermiere che venivano organizzati a Roma nell’ambito delle attività
filantropiche di alcuni gruppi femminili. Una testimonianza diretta sul primo
incontro ufficiale svoltosi tra le signore della nascente Sezione romana
dell’Unione, e su come nacquero le “Scuole per i contadini”, ci perviene da una
socia d’eccezione, Sibilla Aleramo, la quale traccia anche un interessante, ma
non certo tenero, ritratto di Anna Fraentzel Celli: “Oggi – scriveva la Aleramo il 25 maggio del 1903 – riunione dalla
Majno per concretare una sezione dell’Unione femminile qui in Roma. Quando
entrai v’erano già le Rygier e le due sorelle Menghini… La Majno lesse lo
Statuto dell’Unione: non aveva finito quando entrò l’ultima attesa, la Celli.
Sapevo ch’era giovane, i Majno me ne avevano parlato tante volte descrivendomela
bimba nell’aspetto; ma mi sorprese egualmente: alta, snellissima, un visino
affilato e roseo e trasparente, proprio infantile, col naso corto e un po’
schiacciato, una piccola bocca sottile e rossa, gli occhi non belli, i capelli
castano chiari assai tirati sulle tempie, un mente breve e energico, e delle
mani più vive che tutto il viso, belle mani spiccanti come fiori,
delicatissime, rosee,morbide…Nulla d’italiano, certo. Le movenze rigide e
flessuose insieme, gli atteggiamenti bruschi, l’espressione concentrata e poco mutevole…
L’accento è marcatamente tedesco: ma l’italiano, quasi perfetto, resta
nondimeno delizioso attraverso la voce un po’ stridente, alta e sottile come la
figura della proprietaria… Disse qualcosa sulle scuole della città e dei
sobborghi, citando persone, cifre, date, con la sicurezza di chi non teme
contraddizioni. Poi tacque per un certo tempo… Restava tranquilla, col viso
impenetrabile, ben divisa da tutte le presenti, come ammonendo: ‘Non vi
conosco, non vi amo, vi attendo all’opera, spero poco, non ho bisogno di voi…”
Nel 1904 Anna
e Sibilla, nella loro individualità, saranno coinvolte nel progetto della
costituzione di scuole per contadini la sezione romana dell’Unione femminile,
che era stata fondata a Milano qualche anno prima da Ersilia Majno: Anni d’
intensa attività,per Anna che collaborerà assiduamente alla rivista
dell’Unione, con la creazione di un gruppo di scienziati, parlamentari ed
intellettuali come Sibilla Aleramo, Giovanni Cena, cui si uniranno in seguito
Alessandro Marcucci, Carlo Segrè e il pittore Duilio Cambellotti. Voltiva,
pronta ad ogni sacrificio; prudente e forse un poco diffidente … essa
accentrava, anche nelle minime cose, ogni direttiva». Il Comitato scuole per i
contadini dell’Agro romano ottiene ottimi risultati, e riesce a realizzare
parecchie scuole e una fitta rete di supporto. Tuttavia, con gli anni il suo
ruolo diminuisce, fino all’allontanamento dal Comitato. Nel tempo le condizioni
di salute di Angelo Celli peggiorano; i coniugi si trasferiscono a Frascati.
Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1914, e l’interruzione dovuta alla
guerra, Anna riprende l’attività legata alla lotta antimalarica: nel 1920
riceve dalla Croce Rossa l’incarico di occuparsi della profilassi nella zona di
Maccarese, mentre dal 1921 si costituisce il Comitato romano per l’assistenza
antimalarica.
La Fraentzel lavora con entusiasmo, prendendosi cura anche
dell’organizzazione delle infermiere profilassatrici, che venivano formate
dalla Scuola di malariologia di Nettuno, e delle colonie per bambini malarici
che stavano sorgendo in varie parti d’Italia. Verso la metà degli anni Venti
Anna si ritirò a Frascati, a villa Rasponi, dove si era
trasferita con il marito quando lo scienziato aveva cominciato ad avere
problemi di salute.
In quegli anni rimase sempre in contatto con la comunità
scientifica, ricevendo
spesso ospiti illustri. Inoltre si dedicò al riordino e completamento del
materiale raccolto dal marito riguardo alla Storia della Malaria nell'Agro
romano curandone anche la pubblicazione. Nel 1944
pubblicò con lo pseudonimo L.M. Heid Uomini che non scompaiono, un
racconto autobiografico; una edizione tedesca dello stesso volume uscì in
Germania con un titolo diverso e qualche modifica ma con la firma dell'autrice.
Non potendo più vivere da sola, a causa dell’età avanzata, trascorse gli ultimi
anni della sua vita in un pensionato a Roma dove si spense il 28 settembre
1958. E’sepolta accanto alla tomba del
marito nel cimitero di Frascati, di cui Celli era diventato cittadino onorario.
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