Questa sera alle 19 presso le Scuderie Aldobrandini a Frascati in occasione della notte della scienza si parlerà di Donne scienziate e la parità. Per non dimenticate o meglio dare dignità alle tante che nel secolo scorso si sono battute per affermarsi nei più svariati settori di ricerca ecco un testo tratto da Piccolo Dizionario delle Italiane, scritto da Emanuela Bruni, edito da Mursia, per ricordare le donne degli ultimi 150 anni.
" Senza incertezze, ordinata, trasformava le
passioni in dovere e ne viveva".
(
Italo Calvino)
Eva Mameli Calvino è
morta a Sanremo il 31 marzo 1978, aveva 92 anni. In uno dei rarissimi cenni
autobiografici, il figlio Italo, l'aveva denominata "la maga buona che coltiva le iris". E’ stata
la prima donna in Italia a laurearsi e poi a conseguire la libera docenza in
botanica. Era il 1915. Rinunciò alla cattedra per seguire il marito, Mario
Calvino, che dirigeva la stazione agronomica dell’Avana a Cuba. Tornata in
Italia lavorò con lui alla stazione sperimentale di floricultuta di Sanremo,
che avevano fondato loro stessi.
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Eva Mameli Calvino |
Nel 1927 ottenne la cattedra di botanica prima
a Catania e poi a Cagliari. Fece su e giù per l’ Italia, ma alla nascita del
secondo figlio Floriano tornò definitivamente a Sanremo, per dedicarsi alla
famiglia e alla floricultura, essendo tra l’altro diventata esperta
nell’acclimatamento delle piante tropicali, oltre ad essere stata l’unica donna
a far parte del ristretto numero dei pionieri della natura del nostro paese. Di
ricerca e scienza al femminile si comincia a parlare solo nel XIX secolo. L’apertura
alle donne delle università, avvenuta nella seconda metà dell’ottocento, ha
segnato il momento in cui il contributo femminile alla ricerca scientifica ha
potuto consolidarsi ed estendersi, ma l’approccio femminile al sapere
scientifico esisteva fin dall’antichità. Ad esempio, nella società romana, nel
I secolo a. C., le Vestali ricevevano fin da bambine un’istruzione approfondita
in campo scientifico: preparavano medicamenti ed avevano conoscenze
erboristiche e farmacologiche.. Lavoro
duro, ostinato e intuito straordinario, queste le caratteristiche delle
scienziate d’Italia, oggi come ieri. Per secoli emarginate dal mondo
scientifico, in un secolo e mezzo le donne hanno conseguito importanti
risultati, in numerosissimi campi fronteggiando
con determinazione ostacoli di tutti i
tipi: prima tra tutti una lunga e scoraggiante
serie di luoghi comuni e pregiudizi, che ancora oggi sono difficili da
sradicare. Pregiudizi ma non solo anche la vita quotidiana soprattutto nel
Ventennio fascista tra guerra e leggi razziali
hanno costituito grandi difficoltà nel perseguire la strada della
ricerca scientifica. Superare la velocità del suono, oggi è una frase
addirittura entrata nel linguaggio comune ma quando Maria Cibrario, nata nel
1905 e laureata nel 1927 a Torino, scoprì
che le equazioni differenziali di tipo iperbolico-ellittico costituivano un
modello per la descrizione dei fenomeni dell’areodinamica transonica, cioè
quelli che si manifestano nell’intervallo di tempo in cui un aereo supera la
velocità del suono.
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Maria Cibrario |
Donne scienziate, un piccolo esercito- scrive Elisabetta Strikland, in uno dei
rarissimi studi dedicati alle scienziate d’Italia- che hanno agito spesso in
una situazione di scontro tra il talento e una società insensibile alle loro
capacità. Rita Levi Montalcini e
Margherita Hack, sono indubbiamente le più note e tutti sanno che la prima è
stata insignita del premio Nobel per la
scoperta di una sostanza che promuove lo sviluppo delle cellule nervose, il
“nerve growth factor”, la seconda è celebre per le sue scoperte sul fenomeno
della “super-ionizzazione”. Ma certamente pochi conoscono Rita Brunetti, fisica milanese che nel 1929 ipotizzò la
ininfluenza del momento angolare orbitale e che per questo può considerarsi tra
le precorritrici della teoria del magnetismo di John van Vleck, dell’Università
di Harvard, insignito dei Premio Nobel nel 1977. Anche Filomena Nitti Bovet,
figlia dell’economista e ministro, nata a Napoli nel 1909 incontrò numerose
difficoltà prima di potersi dedicare alla sua materia preferita, la chimica. Presa
di mira dalle squadre fasciste, come tutta la sua famiglia, dovette trasferirsi
prima a Zurigo, poi a Parigi, dove Filomena studiò all’università scienze
naturali.
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Filomena Nitti Bovet |
Appoggiata dal fratello Federico, riuscì ad entrare all’Istituto Pasteur, dove
conobbe Daniel Bovet, biochimico svizzero, futuro premio Nobel per la medicina
nel 1957. I due si sposarono nel 1939 e dedicarono la loro vita in comune alla
ricerca, scrivendo assieme un libro che per anni rappresentò una vera bibbia
per i ricercatori che lavoravano sul sistema nervoso. Insieme arrivarono ad
importanti risultati sugli antistaminici, i sulfamidici e furono molto attivi
nella psicofarmacologia. Massimilla Baldo Ceolin, nata nel 1924, prima donna a
ricoprire una cattedra all’Università di Padova, che ha studiato lungamente i neutrini, e che immaginiamo elettrizzata dalle
novità recenti sulla velocità dei neutrini.
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Massimilla Baldo Ceolin |
La biologia marina e la mobilità dei fondi
oceanici sono stati i campi d’elezione di Maria Bianca Cita Sironi, geologa
milanese nata nel 1924, che ha passato lunghi periodi della sua vita a
bordo di apposite navi attrezzate per i carotaggi e sommergibili, che l’hanno portata ad
esplorare canyons sottomarini e scarpate sommerse, fino ad una profondità di
4000 metri. Una donna dal destino particolarmente difficile è stata la zoologa
Enrica Calabresi, nata a Ferrara nel 1891. Si laureò nel 1914 in scienze
naturali a Firenze e dieci anni dopo conseguì la libera docenza in zoologia,
effettuando ricerche su insetti, rettili e anfibi, che le fruttarono la nomina
a segretario della Società entomologica italiana. Si occupò anche
dell’ampliamento delle collezioni del Museo Zoologico “La Specola” , contenente
la più grande collezione al mondo di cere anatomiche e di animali, di cui 5000
esposte nel museo. Tuttavia nel 1932
dovette cedere il passo al conte Lodovico di Caporiacco, noto esponente del
partito fascista ed esperto di aracnologia. Dopo alti e bassi
nell’insegnamento, riuscì finalmente al essere nominata professore di
entomologia agraria all’Università di Pisa. Nel 1938, in seguito alla promulgazione
delle leggi razziali, le furono tolti tutti gli incarichi e l’abilitazione alla
libera docenza.
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Enrica Calabrei |
La Calabresi non si perse d’animo nè fuggi all’estero, ma prese
ad istruire gli alunni ebrei espulsi dalle scuole pubbliche. Ebbe come allieva
anche Margherita Hack. Nel gennaio del 1944 fu arrestata per una delazione e
rinchiusa a Santa Verdiana, un ex convento trasformato in carcere in cui
venivano radunati i prigionieri destinati al campo di sterminio di Auschwitz.
La Calabresi portava con sè una fiala di veleno come soluzione per un’evenienza
del genere e il 18 gennaio 1944 la ingerì, morendo la notte successiva.
Ottimo!! Lo condivido sul mio profilo Facebook, dopo il post sulla Conferenza Solvay del 1927 in cui meschinuzza c'era solo Marie Curie tra tanti cervellono maschi.
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