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Pierina Levi, Carro di Fieno |
La Campagna
romana, l’agro, cento anni fa era un luogo infetto e rischioso, la malaria
imperversava. Ancora nel 1944 vi fu una recrudescenza di una malattia che
ancora oggi fa paura quando si va in alcuni paesi africani o del Sud America.
Meno di 100 anni fa era alle nostre porte. A pochi chilometri dai Castelli Romani
che per la loro aria salubre erano considerati indenni dall’ infezione e anche
per questo scelti come luogo di villeggiatura per la nobiltà romana dei secoli
passati, che d’estate salivano ai colli
per scampare la Mal’aria estiva della città. La prima legge antimalarica dello
stato unitario porta la data del 1878 e dispone proprio sul caso dell’Agro
Romano: essa stabiliva il prosciugamento di stagni e acquitrinii.
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Capanna dell'Agro Romano |
Sempre
sull’Agro Romano si legiferava nel 1883 deliberando la necessità di una
bonifica delle terre e impegnando i proprietari alla trasformazione agraria dei
terreni, pena l’esproprio per pubblica utilità. Alle soglie del XX secolo la
“Questione sociale delle masse contadine del Paese, costrette a terribili
condizioni di vita, fu all’origine della promozione della distribuzione di Stato
del chinino, riconosciuto come valido strumento di profilassi e di cura. A
sostenere tale necessità Angelo Celli (1857-1914) che nel 1898 insieme a
Giustino Fortunato e Leopoldo Franchetti riporta la questione in Parlamento, dopo
due precedenti proposte di disegni legge del 1895 passati sotto silenzio. Nel
1900 veniva così approvata la legge n. 505 con la quale si autorizzava il
Ministero delle Finanze a comprare la materia prima necessaria alla
preparazione del chinino e a una sua rivendita pubblica attraverso farmacie. L’iter
d’applicazione fu difficile soprattutto perché le prime resistenze furono
opposte proprio dai farmacisti, minacciati nei loro interessi dalla mano
statale che calmierava i prezzi dei preparati e dalla concorrenza delle privative.
La legge tentava di ovviare a questo ostacolo disponendo che lo smercio dei
preparati complessi a base di chinino fosse affidato alle farmacie e che i
monopoli autorizzati alla vendita fossero sufficientemente lontani dalla
farmacie.
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Scuola dell'Agro Romano |
Gli utili della vendite del chinino sarebbero stati poi devoluti dal
Ministero delle Finanze a un fondo per la lotta alla malaria. L’approvazione
delle leggi sul ‘chinino di Stato’ proposte da Celli, consentì una maggiore e
migliore applicazione delle misure di cura e profilassi contro la malaria, ma
le difficoltà create dalla ignoranza e dalla arretratezza della popolazione
agricola resero necessario anche un impegno immediato per combatterle,
attraverso l’istituzione di corsi di alfabetizzazione presso le località di
campagna dove non esisteva la scuola comunale. Il fenomeno dell’analfabetismo,
diffuso soprattutto tra i contadini, raggiungeva punte drammatiche nelle zone
più depresse del Paese, come il Mezzogiorno, le Isole e la Campagna Romana.
L’obbligatorietà e la gratuità della scuola primaria, stabilite dalle prime
leggi unitarie non avevano risolto il problema, e l’impossibilità o
l’incapacità da parte delle Amministrazioni locali di applicare e fare
rispettare i provvedimenti legislativi, la mancanza di mezzi economici, di
scuole e di insegnanti, contribuivano a peggiorare la situazione. Per quanto
riguarda l’Agro Romano, nel primo decennio del secolo le scuole comunali,
nonostante le disposizioni contenute nella legge, erano ancora pochissime,
quasi sempre limitate al corso inferiore e in condizioni tali da non
incoraggiare nessuno a frequentarle: i locali presi in affitto risultavano
inadatti e antiigienici, gli arredamenti antiquati e in cattivo stato, il
materiale didattico scadente e insufficiente; l’insegnamento veniva spesso
impartito da parroci locali, il più delle volte non diplomati, assistiti da ‘coadiutrici’,
anch’esse non abilitate. Data la situazione e considerato che l’obbligo
scolastico non veniva rispettato dalla popolazione agricola, a causa dei lunghi
orari di lavoro, cui erano sottoposti anche i minori, delle grandi distanze da
percorrere, della impraticabilità delle strade, dei rigori dell’inverno e,
soprattutto, delle febbri malariche, Anna Celli, con l’appoggio della Sezione
romana dell’Unione Femminile Nazionale, cui faceva parte anche Sibilla Aleramo,
nel 1904 avviò a Lunghezza, una tenuta sulla via Prenestina, il primo corso scolastico
festivo per i guitti; l’iniziativa ebbe successo, e dall’anno seguente i corsi
si tennero anche in altre località dell’agro: alla Marcigliana, sulla via
Salaria e a Pantano, sulla via Casilina.
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Manifesto della mostra |
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Annie NAthan, il monte Soratte |
Fu a quel punto che il Poeta Giovanni
Cena, redattore capo della rivista “Nuova Antologia”, invitato da Sibilla
Aleramo, alla quale era legato da vincoli affettivi e intellettuali a visitare
l’agro, “scoprì” i villaggi di capanne e conobbe le tristi condizioni di vita dei
suoi abitanti; la drammatica realtà sino ad allora ignorata lo spinse ad aderire
pienamente alla iniziativa scolastica avviata dall’Unione Femminile, e a dare vita
ad una più ampia azione educativa, sociale e umanitari. Nonostante le
difficoltà logistiche ed economiche, il boicottaggio esercitato dalla chiesa e
l’ostruzionismo messo in atto dai proprietari terrieri e dagli affittuari, le
scuole aumentarono rapidamente, rendendo necessario dare ai corsi scolastici
festivi e serali un ordinamento e una struttura più razionali, fissare orari e
calendari, e stabilire un programma didattico che si adattasse meglio a quella
particolare scolaresca. A tale scopo, a partire dal 1907 fu costituito il
Comitato delle Scuole per i Contadini, composto oltre che dai coniugi Celli, da
Cena e dalla Aleramo, anche dal letterato Carlo Segrè, da un amministratore, e
dall’educatore Alessandro Marcucci, ch divenne il Direttore delle Scuole; ad
essi dopo poco si unì Duilio Cambellotti, che con il suo talento artistico
contribuì ad arricchire i valori educativi delle scuole. Nel 1911, al fine di
reperire fondi per il mantenimento e l’incremento delle scuole che sostituivano
efficacemente il servizio scolastico comunale, il Comitato partecipò con una
Mostra alla Esposizione Nazionale organizzata a Roma per il cinquantenario dell’
Unità,; il successo ottenuto consentì l’ulteriore diffusione dell’iniziativa
educativa e la costruzione della prima scuola in muratura dell’Agro, presso il
villaggio di Capanne di la Colle di Fuori, nel comune di Rocca Priora.
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La scuola di Colle di Fuori |
Con
questo piccolo edificio, ideato da Alessandro Marcucci e realizzato con la
collaborazione della popolazione locale, si stabilirono i principi
estetico-educativi – sia riguardo alle linee architettoniche, alle decorazioni,
agli arredi, alle suppellettili, sia ai contenuti pedagogici – che
caratterizzarono in seguito tutte le scuole istituite dal Comitato nell’Agro
Romano e pontino, e in altre regioni. Duilio Cambellotti abbellì il nuovo
fabbricato decorandone l’esterno e le aule: “… Nella casetta bianca – scriveva
una rivista scolastica – recinta di rose e trionfante nel suo campaniletto, ha
trasfuso a piene mani tutto un poema originalissimo e puro di arte decorativa
che si rivela agli occhi di chi guarda per le maioliche incastrate nelle pareti
esterne della scuola, per le pitture interne, trilogie vigorose e sapienti
nella loro semplicità, di tutta la vera anima della campagna romana…”. La
celebrazione del cinquantenario dell’unità della Patria determinò il Comitato a
mostrare accanto alle glorie storiche e artistiche di tutta Italia, quanto è
una effettiva promessa di novelle forze
che la Scuola e la Bonifica igienica e agricola si ripromettono di rendere
all’Italia con l’opera finora spiegata nell’Agro Romano. Far conoscere gli elementi
caratteristici della vita dell’Agro, e questo attraverso una mostra
etnografica; rievocare la severa e profonda bellezza dei suoi orizzonti, dei
suoi piani, dei suoi animali, delle sue genti, con opere d’arte ispirate ai
motivi della nostra Campagna; render nota l’azione della Scuola e della
Bonifica e i consolanti risultati ottenuti nell’opera di redenzione civile ed
agricola, con una mostra dei mezzi adoperati allo scopo dal Comitato delle
Scuola e del Ministero di Agricoltura. Tale l’intento della Mostra, i cui
risultati finanziari sarebbero stati devoluti a beneficio delle Scuole. La Mostra si
componeva di una grande capanna artistica, costruita da contadini nella quale
si fondevano i motivi delle capanne caratteristiche dell’Agro Romano: quella rettangolare
e quella rotonda. Le decorazioni interne ed esterne, furono realizzate da
Duilio Cambellotti. In circa 135 metri quadrati furono esposti quadri e sculture di Duilio Cambellotti, di
Giacomo Balla, di Pierina Levi, di Annie Nathan, di Grete Cahn Speyer, di Gino
Galli. La Mostra fu molto visitata e apprezzata e si chiuse alla fine del 1911,
dopo una riuscitissima festa dell’albero, tenutavi il 24 dicembre 1911.
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