Il Divo Augusto, domani ad Ariccia la presentazione del libro di Roberto Toppetta


Ariccia, Locanda Martorelli
Rinviata il 6 dicembre a causa dell’allerta meteo, la presentazione del libro di Roberto Toppetta “ Il divo Augusto-Principe dell’Urbe e dell’Impero” ( Schena Editore) si terrà nella sede del Museo del Gran Tour di Ariccia(Locanda Martorelli)domani, giovedi alle 17.30. Con l’Autore parleranno del fondatore dell’Impero romano, a duemila anni dalla sua morte, Maria Cristina Vincenti, dottore di ricerca in archeologia presso l’Università di Tor Vergata e consigliere nazionale dell’Archeoclub d’Italia, Beatrice Curci, giornalista professionista e direttrice dell’Associazione Stampa Romana, e Mariano Malavolta, docente di Storia Romana presso l’Università di Tor Vergata. La dott.ssa Vincenti è cittadina di Ariccia, il prof. Malavolta è noto in città e nei Castelli Romani perchè vi ha tenuto ascoltate conferenze. L’evento di giovedi rientra nel novero delle iniziative messe in cantiere dal Comune di Ariccia per celebrare nel modo più degno il Bi-millenario Augusteo.  Ad Ariccia nacque infatti la madre di Augusto, Azia, figlia di Marco Azio Balbo (cittadino aricino) e della sorella di Giulio Cesare, Giulia.
Il libro di Roberto Toppetta
Il saggio di Toppetta è l’unico inedito apparso in occasione dello storico anniversario. Giornalista e scrittore, Toppetta è stato per circa 25 anni uno dei volti più noti del Tg3.
La sua matrice giornalistica è palese nello stile divulgativo del volume che però non cede nulla sul piano del rigore storiografico, con costanti riferimenti ai grandi autori latini ( da Virgilio a Orazio, da Tito Livio a Tacito) e agli studiosi moderni e contemporanei ( da Theodor Mommsen a Ronald  Syme, da Santo Mazzarino a Luciano Canfora). Dal libro di Toppetta emerge che, a duemila anni dalla sua morte ( Nola, 19 agosto del 14 d.C), Augusto resta una delle poche personalità titaniche della Storia universale e che l’età augustea, avviatasi all’indomani della battaglia di Azio contro Marco Antonio e Cleopatra ( 31 a.C.), rrimane indissolubilmente legata al momento di massimo splendore di Roma antica, quando lo Stato romano divenne il più grande dell’antichità: più esteso tanto di quello partico quanto di quello indiano e cinese. Dio vivente per i sudditi orientali, protetto dagli dei per i cittadini romani, Augusto ebbe il merito straordinario di riportare la pace dentro i confini romani dopo gli sconvolgimenti delle guerre civili, protrattesi per circa un secolo, e di realizzare una serie di riforme politiche e civili con le quali, trasformata nel 27 a.C. la Repubblica in Principato, assicurò al mondo di Roma fondamenta così solide da resistere per tre secoli alla pressione dei barbari nelle zone di confine e a nuovi disordini interni. Se come soldato Augusto fu mediocre e nei campi di battaglia vinse sempre grazie ad altri, come statista superò lo stesso Giulio Cesare, il leggendario prozio che lo aveva adottato come figlio pochi mesi prima delle Idi di Marzo, con l’idea inconfessata di trasmettergli i poteri assoluti che aveva acquisito agli inizi del 44 a.C. , quando il Senato lo aveva nominato Dittatore perpetuo.  Se è vero che Cesare non ebbe il tempo di farsi re come avrebbe voluto, Augusto lo diventò di fatto pur senza mai avere la corona. Sapendo che ai cittadini dell’Urbe era invisa la parola monarchia, dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo, egli adottò il titolo singolare di Principe, facendo intendere ai Romani di avere recuperato la libertà persa con Cesare. Ma anche i Romani che capirono già allora quel che stava succedendo rinunciarono senza fatica al bisogno di recuperare le libertà repubblicane ben sapendo che il mondo romano era ormai diventato troppo grande per essere governato da magistrature collegiali e temporanee. Come aveva ben capito Cesare, occorreva passare dall’oligarchia alla monarchia, ossia alla forma istituzionale che Tacito ha chiamato “ governo di uno solo”.  
 
 
 
 
 

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