Fascinazione
delle streghe.
Complici la letteratura, l'arte e l’archeologia, il cinema. La
figura femminile della donna a cavallo di una scopa, in grado di riuscire in
malefici di ogni genere o anche di applicarsi nella magia bianca (quella buona)
ha avuto un vero e proprio boom nell'immaginario collettivo contemporaneo. Ma
anche quando non esistevano i mezzi di comunicazione, le streghe hanno sempre
esercitato un potere attrattivo, soprattutto sugli artisti. Le
striges latine, che a loro volta
discendevano dalle mitiche lamiae, “demoni femminili notturni che succhiavano il
sangue e il latte alle puerpere, e dilaniavano i bambini”, prendono il loro
nome dall’orrendo verso che emettevano nell’atto di strappare le viscere ai
lattanti: come sostiene Isidoro:“Strix nocturna avis,
habens nomen de sono vocis; quando enim clamat stridet”.
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Waterhause, Strega |
Le antologie di storia
dell'arte, poi, traboccano di immagini di personaggi femminili dotati di poteri
magici, abilità talvolta malevole, che riecheggiano un'ossessione che ha
pervaso la cultura e la società a lungo. Il sabba che nella trattatistica sulle
streghe dei sec. XV /XVII, è una riunione di donne che, avendo stabilito un
patto con il demonio per averne favori e poteri, sarebbero state trasportate di
notte in luoghi determinati (celebre il noce di Benevento) per compiere
riti orgiastici (imitazione blasfema dei riti cristiani) e unirsi carnalmente
con i demoni, è un classico della pittura. Il tema ebbe largo sviluppo anche
nelle leggende e divulgate in epoca romantica. Dall’ultimo decennio del
quattrocento in poi, la strega finì per configurarsi come il brutto ideale,
assunse i tratti più rivoltanti e più irriverenti; si trasformò in un sostituto
delle raffigurazioni macabre tardogotiche. Il carattere diabolico di queste
creature risiedeva sia nella loro peculiarità di nutrirsi del sangue di altri
esseri viventi, preferibilmente quello dei neonati, sia nel loro campo
d’azione, di preferenza notturno che nel loro rapporto con la morte e con i
morti. Anche nel tuscolano si aggiravano losche e malefiche figure come
racconta nel 1824 Gherardo De Rossi in una sua novella del 1824.
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F.Goya Sabbah |
Il NOCE DI BENEVENTO
Novelle
di Giovanni Gherardo De Rossi
Novella II. ( testo arcaico)
Messer Agnolo Graziano da Cristofano di Tagliacozzo a
cavalcare invitatole da uno 'ncantato ronzino per aria al noce di Benevento condotto; colà vede
nuove e straniere cose, ed al convito delle streghe siede
commensale; ma poi, ali avvicinarsi della mezzanotte
partendosi, al Tuscolo colla stessa
cavalcatura, non senza timore e pericolo, se ne torna.
Vicin di Roma è una bella se non grande città, chiamata Tuscolo, ove, non è gran tempo, fu un uomo molto savio e
ben parlante, per nome messer Agnolo Graziano, calonaco di quel duomo, e di
leggiadre rime trovatore assai pronto, come del violino sonatore non ordinario.
Ora un dì costui veniasene agiatamente passeggiando pel giardino de' Conti
Tuscolani, quando, non lunge dalla porta di quello scontrassi in un tal
Cristofano di Tagliacozzo, che sopra un bruno e magro ronzin cavalcando, un
altro, di ogni arnese a cavalcar necessario guernito, voto si conduceva al
manco lato. Buona sera, Cristofano, disse messer Agnolo, e dove andate voi con
questi due palafreni? Bene stia, messer Calonaco, rispose Cristofano; e d'indi
a poco seguitò: Oh se voi provaste l' ambiadura e l trotto de' miei cavalli, so
che più non areste a beffarvi nè di me, nè di loro; animo, messere, la notte
incomincia, ma la luna risplende, e potreste ben voi verso l'Algido meco venir
cavalcando. Agnolo, che, come poeta, di certe bizzarrie dilettavasi, accolse
l'invito , e dalle mani di Cristofano le redini prese, e d' un salto, siccome
leggerissimo era, fu sul ronzino; e fuori ambedue dal giardino de' Conti
uscendo, Cristofano verso il monte conduceva il compagno, che della sua
cavalcatura era discretamente contento . Anzi poichè il ronzino con
istraordinaria, ad un tempo stesso, sollecitudine e
agiatezza il portava, abbassar volle gli occhi, e guardare il moto delle sue
gambe, che nuovo e singolare pareagli ; è vide, che il cavallo per molte spanne
dal terreno elevato, per terra no, ma per l' aria menavalo. E ch'è mai questo?
gridò al compagno. Ed egli a lui con voce fortissima e risoluta: E che? siete
voi un fanciullo,- che cosi leggermente spaventar vi debbiate? Proseguite il
cammino; tacete per vostro meglio; e guardivi il cielo di proferir cosa che a
nomi sacri appartengasi : quello che voi trovate, docile e mansueto palafreno,
d'un salto solo si scaricherebbe egli del vostro peso. Udendolo, Agnolo
raccapricciò; e ben misurando col favore della luna l'altezza a cui era giunto,
restò da somma paura compreso, e chiuse teneva le labbra onde non uscisse la
parola, Signore, che cagione poi fusse di sua perdizione. Maladiceva in
cuore l'ora e 'l momento in cui con Cristofano scontrossi, ch'egli mai dubitato
avea esser uomo in cose di negromanzia e «tregherie mescolato. II compagno
intanto sghignazzando diceagli : Mirate laggiù quante terre, quante
castella, quante città ci lasciamo noi sotto i piedi ; mirate Napoli, mirate il
vomitatore di fuoco Vesuvio. Agnolo, che non so se per certa sua naturale
propensione verso i maccheroni, o per altra cagione che si fosse, era di Napoli
vedere desiderosissimo, abbassò gli occhi, ma per lo timore, che l'altezza a
cui era salito inspiravagli, chiuseli tosto, a Cristofano dicendo: E di quali
cose mi vuoi tu osservatore, mentre veggomi vicina tanto la morte? ma quando
sarà che codesto pericoloso viaggio abbia fine, ed io possa mettere piè a tèrra
nel mio Tuscolo? Ciò non sarà per ora, replicò
Cristofano; presto però noi smonteremo dai nostri ronzini, ma non al Tuscolo,- bensì in altra le mille volte più deliziosa e
piacevole terra. Osservate laggiù ( e intanto i ronzini il loro passo, che più
volo dir si potea, andavano assai velocemente iterando ), osservate que'
risplendenti fuochi, che fra gli alberi del bosco sembra che il chiarore del
merigge tradotto abbiano? Là dobbiamo noi giugnere, e là in sollazzevole,
splendida, magnifica, qual' altra mai non conosceste, compagnia e festa vi
troverete. Giunto il calonaco a quella volta, e' non solo vide risplendere fra
molti alberi,- che proporzionatamente disposti il piano d'un giardino comporre
pareano, faci moltissime, ma anche un palagio vide egualmente illuminato e
meraviglioso. II ronzino frattanto, senza punto la velocità sua diminuire,
andavasi di mano in mano verso la terra abbassando; finchè giunse ad una specie
di corte quadrata, che in una delle sue fronti magnifico ingresso apriva al
risplendente giardino. Alla corte d'intorno erano più e più muricciuoli ad
eguale distanza compartiti, e di lucido marmo coperti, che destinati all' uso
di montare e dismontare dai cavalli si conosceano. Osservate, disse allora
Cristpfano, osservate, messere, che quei muriamoli tutti hanno vario numero in
cifre arabe al disopra scolpito.
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Albrecht Durer, Quattro streghe |
Di quello, su cui discendete, guardate ben il
numero, e ben a mente tenetelovi, che ad esso troverete,
quando partire vorremo, il ronzino nostro. Discese il calonaco, e quasi, Domine,
ti ringrazio, usciagli di bocca, quando alla sola prima sillaba ricordossi
la sovrastante mala ventura se cose sagre nominate avesse; e tacquesi. Appena
il piè posero sulla magnifica soglia, che duo valletti di ricche e dorate
livree nobilmente vestiti al calonaco innanzi si fecero: E che siate pure il
benvenuto, gli dissero; ma come in così disorrevole vestimento a tanta festa
venite? seguiteci, e le vesti all' uso convenienti e dicevoli avrete da noi.
Era da nuova sorpresa messer Agnolo agitato, poichè que' duo valletti, che
molto piacevole ed onorata figura nella persona tutta mostravano, gli occhi
aveano di "brace, e, come accesi carboni, sfavillanti ed ardenti; ma pure,
sbalordito, appresso loro andò; che per inosservata via al palagio il
condussero, ed ivi in una vasta guardaroba di armadii e di casse circondata
all'intorno, delle sue brune vesti spogliandolo, una giubba ed un saio
di bianco damasco, con finimento di perle ricamato, gli posero indosso, ed una
cintura alle reni di ricchissime gioie adorna, con un fermaglio al petto, in
cui legato era un carbuncolo, che assai più di acceso torchio splendeva. La
zazzera ancora di scelti unguenti e bianche; polveri pròfumarongli, ond'egli
uscì dalle mani di coloro così ben concio che vaghissimo damo parea, e di ambra
e zibetto soavemente oliva. Ovunque sollazzarvi piacciavi, siete il bel
padrone. Così gli fu detto, e sul basso del giardino menatolo, da lui i due
valletti si accommiatarono. Cristofano più egli non vide, ma trovossi fra lieti
giovani e piacevoli donne, che allo sfolgorare di mille lampade (che quella del
sole punto minore non era ) ivano in piacevoli giochi ed amene tresche
intrattenendosi. Chi novellava da un lato , chi dall'altro canterellava, chi
poma dagli alberi, chi dal prato fiori coglieva, ed in tutti eguale
discernevasi soddisfazione e letizia. Se ad ora ad ora non avesse messer Agnolo
veduto passare alcuni di que' valletti, che gli occhi
aveano di brace, avria quasi creduto essere al terzo cielo salito, quando sì
vicino era allo 'nferno. Ma passeggiando egli estatico pel giardino, vennegli
fatto di scontrarsi in persone a lui per conoscenza, ed anche familiarità
notissime. Tali erano madonna Lisa di Velletri col suo amico messer Currado, la
Béca, fantesca del piovano di Marino con Matteuccio famiglio del Comune, la
marchesana della Nolara col conte Sevello, e in somma tanti e tanti di rango e
condizione diversi , i quali però, mal a grado che a lui notissimi l'ussero,
pure nello scontrarlo di non Io vedere facean sembianti; perchè in quel luogo,
è vero, lieto era ognuno, ma comune la dimestichezza e la società non rendeasi,
e ognuno o colla compagna, o col vicino attendere alle proprie bisogne parea.
Il buon calonaco, che con quel saio e quelle gioie d'intorno essére un ben
appariscente barbassoro credea, maravigliossi forte, che niuno faceali motto, e
quelle cose guardava di cui egli era più vago, e che più 'l seducevano. Ma
tutta la sollazzevole comitiva verso il palagio il piè volse, colà richiamata
dallo strepito di flauti, viuole , salterii, arpe, pifferi ed altri strumenti,
che unitamente dilettevoli suoni mandavano, e la brigata avvertivano che
succeder dovea al passeggio la danza. Agli altri accompagnossi Agnolo, che
tutti in una maravigliosa sala, di ricchi addobbi e preziosi magnificamente
ornata, si ristettero, ed allora incominciarono le danze. La libertà con cui
quelle intrecciavansi non era veramente ad ecclesiastico spettatore dicevole, e
il povero calonaco allora pienamente a quale brigata condotto avealo quel mal
compagno riconosceva, ed in cuore doleasene. Tentò più d'una fiata dalla sala
allontanarsi, ma sempre alcuno di coloro dagli occhi di brace prendendolo con
un ghigno pel braccio, soavemente alla sala lo rimenava. Altro non gli restava
che, simile a fraticello novizio , gli occhi fissì in terra tenere; e facealo;
ma pur qualche volta gli occhi disubbidienti sollevavansi alcun poco, diche
provava egli rimorso e pentimento. Stavasi così confuso e dolente allora quando
di subito una voce il riscosse, ch'essere,quella dello sciaurato Cristòfano di
leggieri conobbe, e diceali: Messer calonaco, meditate voi forse adesso? oppure
il sonno, come sovente nel coro del duomo avvenirvi suole, sorprendevi? Non è
questo luogo ove dobbiate starvene malinconioso. Mal sia di te, delle tue
stregherìe, e dell' ora in cui teco mi mescolai, rispose Agnolo; e quando sarà
che di partirmi, e fuori di questo pecoreccio vedere mi possa? Ma perchè non
vo' io a quel muricciuolo a riprendere il mio ronzino onde al Tuscolo ritornarmene? Non troverestevelo, rispose l'altro
beffandolo, e poi partir voi vorreste senza gustare della cena che fra poco
sarà apprestata? Venite, venite meco . E a forza menollo prima dove
l'apparecchio nella cucina era grandissimo, ed ove centinaia di cuochi di
bianchiscimi farsetti vestiti, e di nettissimo grembiale
di bucato cinti, apprestavano per le vicine mense vivande dilicatissime; poscia
in un sontuoso tinello ov' erano imbandite, e ove famigliari a centinaia sotto
il comando del siniscalco andavano qua e là distribuendo taglieri; e benchè non
tutte fossero ancora le vivande sulle tavole disposte, pure tanto e sì grato
era l'odore che di quelle veniva, che il buon calonaco spalancate tanto teneva
le nari quanto in addietro chiusi gli occhi tenuto avea; e quasi incominciava a
dimesticarsi con coloro, che accese brace aveano negli occhi, ma tanto squisite
e appetitose cose tenevano fra le mani. Splendevano per la camera
ordinatamente, e per la mensa disposti bacini e conche di fino ariento ed oro,
e ricchissimi vasi, altri di bellissimi fiori ricolmi, altri di odorosi profumi
ripieni, sicchè la camera di musco e di aromi oliva squisitamente. In% cominciava Agnolo di tali cose a
provare un qualche interno compiacimento, e crescevano mai sempre di goder gli
argomenti. Intanto la imbandigione della tavola frettolosamente terminatasi, un
improvviso tumulto e discorrimento di centinaia di persone, che alla sala
vernano, dalla piacevole estasi lo riscosse.
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F. Blake Streghe |
Erano i danzatori tutti, ed era la
brigata intera, che a ristorarsi dalle fatiche del ballo veniano. Cristofano allora
disse ad Agnolo: Messere, manucate e sollazzatevi pure a bell'agio, ma
avvertite, che se la mezzanotte in questo luogo sopraggi ugnesseci, ne avremmo
mal gioco; onde state bene in guardia, che avanti che la campana diaci
l'annunzio a me accostiate, perchè insieme partircene possiam prontamente. Mai
più chiaramente di allora avea capito il calonaco, che all' ombra del noce di
Benevento trovavasi, e mai più ardentemente d'allora desiderò di tornarsene al
suo Tuscolo. Ma la turba de' commensali con
prestezza e strepito, non dissimile da quello con cui odonsi e veggonsi in
autunno gli stornelli piombar giù nelle vigne, ed alle mature uve avventarsi,
andavasi qua e là intorno alle mense collocando; quando
que' duo soliti valletti, che proprio duo assoldati famigliari del calonaco
pareano, uno con un bacino di acqua di rose, con uno asciugatoio di fino
zendado l'altro, a lui appresentandosi, dierongli l'acqua alle mani, e poi a
comodo sedile presso la mensa lo avvicinarono, e ad ivi agiarsi soavemente
costrinserlo. Seduto a mensa, provò egli contrasto nell'animo suo tale, quale
fin allora provato non avea simile; giacchè da un canto avea molto talento di
mangiare, ed a digiunare fuori de' comandati giorni non era uso; dall'altro, forse
scrupolo di mangiare in quel luogo, con que' commensali, e di que' cibi
aggredivalo. Essendo però uomo, come vi dissi, dotto e scienziato, certo testo
del Vangel gli sovvenne, ove si dice, che non quello che per bocca entra, ma
quello che da bocca esce può l'anima maculare. Applicando ( se con buona
ragione noi so ) simile testo alla sua bisogna, diessi a menar fortemente de'
denti, quasi voleste ricoverare il tempo nella irresoluzione perduto. Lo
squisito sapore non era de' cibi di quella imbandigione il maggior pregio;
eralo bensì la leggerezza loro, onde la delizia del palato formando, gravezza o
pena allo stomaco non producevano. Ma lo stesso non avvenne pe' vini, che in
copia strema, e bianchi e vermigli, facea con molto bell'ordine il siniscalco
distribuire; onde alle prime mense furono grandi fiaschi di spumosa vernaccia
in grandi bicchieri versati; alle seconde poi i servidori con piccioli orciuoli
di risplendente cristallo altri squisiti vini di Lamagna, di Francia, di
Spagna, e fin di Grecia andavano piccioli lucentissimi bicchieri arrubinando.
Questi licori la potenza lor conservavano, e la testa arditamente assalivano;
onde il buon calonaco, cui da' duo valletti ognora nove vivande al suo tagliere
apprestavansi, non difendeasi, e contro i raddoppiati bicchieri a resister si
mosse, perchè già insolito moto nel celabro risentia, e de'torchii che
illuminavan la sala tremolante e quasi doppia la luce vedea. A mente tornogli
il viaggi che far doveva, e l'altezza a cui la cavalcatura sua Io menava, onde
fra sè ripeteva: Oimè, lasso! e che sarà di me se colassi un capogiro mi prende
? Riconfortassi però quando dolcissimi manicaretti e bevande, tutte entro il
diaccio e la neve, comparire si vide innanzi; e conoscendo, che quelli alle
vampe del vino arebbono col gelo medicina arrecato; e siccome d'ogni cibo dolce
era egli ghiottissimo, trangugiò que' soavi rimedii in copia, e con avidità
tanta, quanta alcun infermo di guarigione desideroso non ebbe mai. Riebbesi in
fatti, ma divenuto essendo più caldo ed ardito che pria non fosse, mossosi a
guatare d'intorno i commensali, e singolarmente i suoi vickù, cosa che in
prima, timoroso di scontrarsi in qualche scandolezzante oggetto, non avea fatto,
una assai giovine donna, di persona grande ed orrevolmente vestita, vicina
videsi, che sorridendo dissegli, mentre a lei rivolto si era: Buona notte,
messere, orbo e muto fin'ora credervi; ma ora, che voi tale non siete, mi avveggio; però ...Proseguire vol ea la donna, ed incantato
Agnolo la mirava, allorquando con subita precipitanza la brigata Ievossi, e
dalla sala velocissimamente tutti, chi a compagno, chi a compagna riunendosi,
si dipartirono, quasichè ne fossero da superiore comando rispinti. Pensò subito
il calonaco alla mezzanotte, e tratto l'oriuolo dal borsello, vide che non era
guari lontana, e coll'occhio a cercar di Cristofano attentamente si pose, e al
fin glijvenne fatto il vederlo, che non lunge e quasi dirimpetto gli era, ma
col capo sulla mensa indecorosamente appoggiato profondamente dormiva. Andò
Agnolo colui potentemente a più riprese scuotendo, ma Cristofano, che troppi
bicchieri avea votati, briaco non udivalo, e non destavasi. Crescea nel
calonaco la sollecitudine, e diveniane strema l'angoscia, perchè la brigata era
disparita, interamente vota era la sala, rumore pel giardino più non udivasi, e
gli stessi torchii languidamente splendevano; onde l'agitata fantasia del
calonaco dipigneasi già il giardino in un deserto cangiato, ed in oscuro
ombroso noce il palagio. Ma uno scuotimento, che a mezzo d' uno sbadiglio a
Cristofano diede, ebbe de' tanti altri più buona ventura, e colui al fine
destassi; e traendosi Agnolo pel braccio, a forza lo distaccò dalla mensa, e
verso la corte preso il cammino, diceagli per via: Eh briaco ribaldo, a che
stiam più qui noi ad indugiare? sovrasta la mezzanotte. Colui mezzo
sonnacchioso e sbadigliante seguendolo, giunsero a' muricciuoli, e il numero a
mente il calonaco, meglio assai delle pagine del suo breviario, tenea. Vide
pronti i ronzini, e racconsolossi; ma quelle indiavolate bestie battevano de'
piedi, ed i corti crini arruffando, mal contento e impazienza facean vedere; e
quando furono i due cavalieri più d'appresso, una delle cavalcature con una boce
di marina tromba più risonante gridò: E quando verrete voi? e che più tardate,
sciaurati? Udendo Agnolo divenir parlante il palafreno, tremò quanto prima non
avea tremato; ma pure a montare accigneasi, quando i soliti duo valletti si
vide vicini, che in un baleno le belle vestimenta, la cintura, il fermaglio gli
trassero, e della sua giubba e del suo mantelletto acconciaronlo . Egli allora
montò la sua cavalcatura, e senza neppur prendere da' duo valletti commiato,
andò a suo viaggio. Sempre sonnacchioso lo accompagnava Cristofano, ina i
ronzini con tanta velocità, ed a tanta altezza menavanli, che Agnolo vedeasi al
fine di sì sciagurata ventura ; ma temea sempre che questi ultimi momenti, come
accade sovente, i più funesti non fussero. Ma in un subito, coll' impeto con
cui dall'alto cade in giuso una pietra, si abbassarono i cavalli, e benché la
luna più non rilucesse, conobbe il calonaco la piazza del duomo, e lanciossi
d'un salto a terra sclamando: Domine, ti ringrazio! parole che non avea
finito di pronunziare quando sonò la campana di mezzanotte, e i duo ronzini,
come duo falconi, rapidissimamente fra le nuvole ascosersi. Non fece motto a
Cristofano Agnolo, ma, quasi cento diavoli lo perseguitassero, corse a casa,
ove fra il timore , il rammarico e qualche po' di rimorso sulle passate cose,
angosciosa passò la notte.
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Francisco Goya Streghe volanti |
Come il giorno venne corse a Cristofano, che ancora
profondamente dormiva, e destatolo: Cane, assassino, gridava, io non so chi mi
tenga che a calci e pugna io ti prenda, e non ti lasci capello in capo, e osso
indosso che macero non sia. Rideva sbadigliando Cristofano, ma poi che vide che
Agnolo facea da senno, levossi ratto di letto, e die' di piglio ad un bastone;
e fermatevi , disse, messere, chè non sono io carne da macello da pestarsi sì
facilmente: non è guiderdone questo a chi la notte fecevi lietamente passare, e
fu per voi se maggiore diletto non traestene. Allora messer Agnolo: E delizia
chiami tu il commercio con istreghe, diavoli e negromanti? E credi tu poter la
cosa in gioco passare ed in burla? O volontario meco alla Inquisizione ne
vieni, o a viva forza farottici da' famigli trarre, accusandoti per eretico
paterino qual sei. Alla parola Inquisizione turbossi Cristofano, sapendo
che chi a quelle carceri è forzatamente tratto, di leggieri scappare ne suole,
e che 'l suo ronzino non avrebbe potuto colà entrare a levamelo. Risolviti per
tuo meglio (insisteva il calonaco), e cedendo Cristofano, quel mattino stesso
ambedue a Roma cavalcarono, ove più dì trattenutisi, quale avessero
accoglienza, e con quali penitenzie fossero poi accommiatati restò nel segreto
sepolto. Tornati ambo a Tuscolo, videsi il calonaco
ordinariamente in più lunghe preci nella sua chiesa intrattenersi, e Cristofano
non fu più quel sollazzevole compagno che prima era, e non pochi di ciò
proverbiavanlo. Dell'accaduto però non seppesi lungo tempo novella, finchè,
morto Cristofano, il calonaco a comitive di giovani uomini e valorose donne narrandolo,
e tutti facendone meraviglia, si rese a poco a poco per la città palese, ed
ancora a' di nostri da que' cittadini si suole come piacevole narrazione
ripetere.
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