In occasione della mostra
Canova Thorvaldsen, la nascita della
scultura moderna, svoltasi a Milano, grande rilevo ha avuto anche la statua
di Giovanni Ceccarini raffigurante Antonio Canova sedente in atto di abbracciare l’erma fidiaca di
Giove, di proprietà del comune di Frascati. L’esposizione è stata un
grande ed importante impegno culturale che ha acceso i riflettori non solo sui due
grandi artisti ma ha affrontato anche una serie di tematiche non solo connesse
al gusto artistico neoclassico.
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Ritratto di Antonio Canova, Particolare |
Di particolare interesse le importanti attività
realizzative di atelier che ruotano intorno alla una scultura. E’ da questo
punto di vista che Giovanni Ceccarini certamente può essere considerato
un’importante innovatore soprattutto per la realizzazione di grandi gruppi
scultorei, Importante esecutore, dunque, ma anche valente scultore. Nato
nel 1790 a Roma, a diciotto anni circa viene premiato nei concorsi della scuola
di nudo dell'Accademia di S. Luca di Roma. Ed è proprio nell’ambito
dell’Accademia di San Luca che conosce Antonio Canova che subito ne coglie le
capacità tecniche, tanto che lo prese a lavorare con se nel suo studio. Numerosi
i lavori che esegui nell’atelier del maestro tra cui il busto in marmo di
Donatello per la Protomoteca capitolina. Iniziano così gli incarichi e le
commesse.
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Bartolomeo Pinelli, incisione |
Nel 1814, lavorò con l'architetto Clemente Falchi nella decorazione
dell'arco di trionfo eretto in piazza Venezia per il ritorno a Roma di Pio VII
(24 maggio), opera fastosa, ed effimera, commissionata da una società di
agricoltori, di cui rimane testimonianza in una stampa di Bartolomeo Pinelli. Qualche
anno dopo, intorno al 1817/8, realizza, su disegno del Valadier, le due fontane
negli emicicli di piazza del Popolo a Roma, Due gruppi marmorei di grandissime
proporzioni
rappresentanti
Nettuno e la
Dea Roma tra il Tevere e l'Aniene. Sue anche
le sfingi poste a breve distanza. La grandiosità dei gruppi
scolpiti dimostra le sue notevoli e non comuni doti di esecutore, che gli
consentivano di riprodurre, senza alterarne i dettagli, i progetti dell’ architetto.
Nel giugno del 1824 il Nettuno era già stato issato al di sopra della fontana
verso il Tevere, naturalmente non mancarono i detrattori come
il Belli che in una che descrive non senza
critiche la piazza e la "statuaccia" del Ceccarini.
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Nettuno, G. Ceccarini, Roma |
La collaborazione
con il Valadier prosegue negli anni in vari cantieri tra cui quello della
cappella dedicata a Santa Caterina d’ Alessandria nella Cattedrale di Rieti. Realizzare
le opere per grandi nomi dell’architettura e della scultura evidentemente
furono da stimolo al suo animo imprenditoriale per superare i disagi tecnici
che si presentavano a chi doveva lavorare e trasportare grandi blocchi di marmo. In quegli anni impiantò un
opificio, all'interno del quale avveniva la trasformazione del marmo, nei
pressi della Giuditta, nella odierna area dell’Isola Tiberina. Qui istallò tra
l’altro “una sega da marmi, composta da
dodici lame” che, come riportano i documenti del tempo, consentì “gran risparmio di vita umana” poiché sino
ad allora questo gravoso lavoro era stato effettuato a forza di braccia.
Nell'opificio della Giuditta segò molti marmi impiegati per la sistemazione
dell'emiciclo di piazza del Popolo. Profondo conoscitore delle tecniche e dei
materiali del proprio mestiere e grande innovatore lo testimonianza la notevole
eco che suscitò l’invenzione e la realizzazione di un carro per il trasporto di
grandi blocchi di marmo dal Tevere in città. Esperto nel lavorare marmi e
pietre nel 1829 s'iscrisse alla “Università e compagnia dei marmorari di Roma”,
della quale divenne governatore l’anno successivo, detenendo l’incarico sino al
1834. Proprio in quell’anno realizzo realizzò uno studio per chiudere la
Fiumara Grande a Capo Due Rami per evitare gli insabbiamenti del Canale di
Fiumicino.
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A Canova con erma fidiaca di Giove, G. Ceccarini |
Secondo la storiografia
negli stessi anni termina il colossale ritratto del Canova di Frascati su cui,
già nel 1817 Camillo Toriglioni scriverà un phamplet (Per le due statue colossali una delle quali rappresenta Canova che
abbraccia la scultura greca. l'altra Nettuno che esce dall'onde opere dello
scultore romano Giovanni Ceccarini).
L’opera rivela le grandi capacità
tecniche dell'autore che s'ispira al gruppo scultoreo, oggi distrutto, di George Washington di Canova (gesso a
Possagno).
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G.Whasington, A.Canova, gesso |
L'opera testimoniava la riconoscenza che l'allievo nutriva per il
maestro cui doveva, oltre al mestiere, le ricche commesse governative: per
esempio quelle delle sculture di piazza del Popolo avute tramite la sua
protezione e la decorazione marmorea di una fontana da erigersi a piazza
Colonna, come risulta da un disegno a matita datato 1820 (Museo di Roma). La gigantesca
statua di Canova, eseguita a spese di Luigi Marconi, già allora fu molto ammirata
dai contemporanei quando il Ceccarini la espose nel suo studio di via del
Divino Amore. Della sua attività posteriore al 1824 non si hanno notizie
sicure, anche se pare che gli venissero commissionati numerosi busti e statue,
una delle quali, raffigurante Raffaello, fu riprodotta in litografia nel 1833 e
dedicata dall'autore medesimo "ai
cittadini di Urbino". Morì a Roma il 10 febbraio 1861.
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Incisione raffigurante il ritratto di Raffaello di G. Ceccarini |
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