GIORNALISTI IN OSTERIA, HANS BARTH TRA LA CAMPAGNA ROMANA E I CASTELLI ROMANI IN CERCA DEL “GOCCETTO BONO” DI VINO FRASCATI
Nel 1910 uscì nella prima edizione italiana Osteria:
guida spirituale delle osterie italiane da Verona a Capri, a firma del
giornalista tedesco Hans Barth, la prima guida enogastronomica d’Italia. Con una
prefazione illustre, quella di Grabriele D’Annunzio, che indubbiamente
contribuì alla fortuna del volume. “È la prefazione dell’Astemio al libro del
Beone” scrisse, scherzando, il Vate in una lettera al direttore del Corriere
della Sera (Luigi Albertini) per chiederne la pubblicazione sul giornale. Hans
Barth – scrive Giovanni Bistolfi il traduttore del testo - […] ha avuto la bizzarra e utile idea di
offrire ai suoi connazionali una guida pratica, sincera e sicura, per le
osterie da lui visitate. […] Egli ha cercato i luoghi più umili, più
caratteristici, più frequentati dal popolo, e ha segnate a brevi tratti le sue
impressioni. Dove ha trovato il miglior vino, il suo spirito si è innalzato a
visioni storiche e artistiche, le quali danno alla guida un sapore letterario”.
Nell’impegnativo lavoro non manca un' approfondita ricerca di quelle dei Castelli Romani che l’autore visita
meticolosamente. Tra fantasia letteraria, sopralluoghi e tanti assaggi ecco cosa scrive:
NELLA CAMPAGNA ROMANA.
Le osterie
della campagna sono in primavera, estate e autunno la meta di ogni buon romano,
a cui nessuna strada e troppo lunga quando si tratta di trovare < un goccetto
bono >. Egli lascia al pio forestiero la visita alle sette chiese. Nelle
osterie di campagna v'e sempre, nella buona stagione, un intenso movimento; un
po' del via vai del Monaco tradotto in romanesco. Banchetti omerici, montagne
di spaghetti dal color d'oro, ecatombe di polli alla cacciatora o arrostiti
allo spiedo, batterie continuamente rinnovate di biondeggiante vino di Frascati.
Aggiungi : imponenti donne romane ornate di collane e pendenti d'oro, ognuna
una Giunone; uomini dotati d'un' inestinguibile sete; camerieri trasandati che,
ahi ! si affrettano di tavolo in tavolo, immergendo le dita nel collo dei litri
e nei bicchieri; vetture romane sgangherate con melanconici cavallucci e vetturini
ubriaconi dal naso rutilante; musica, danza, e tutto ciò illuminato da un sole
e da un cielo, che ci vanno in fondo al cuore, ci inondano di voluttà, ci fanno
diventare altrettanti Dei e ci fanno dire sospirando ad ogni attimo fuggente :
Fermati : sei troppo bello !
CASTELLI ROMANI
Siamo nel nostro paradiso più ideale, in una citta tutta di templi bacchici, nel paese fatato del bevitore, dove ogni casa e una cantina e un altare del culto orgiastico, dove ogni sgabello posto dinanzi ad un bacile e un pitico tripode. Qui è il campo del Dio coronato di pampini: i pali delle viti, come le innumerevoli piramidi di fucili di un esercito, e come un'apocalittica fortezza, circondano e difendono i luoghi della grazia, e l'odor del vino e il sole si spandono poeticamente su tutta questa terra. Ah, qui vive ancora l'uomo vero, poichè egli è nato per bere, il barile è la sua nutrice e il sangue del Dio stesso arde nelle sue vene. Evoe Bacche! Tutto qui diventa vino, tutto, la vita e la morte, il pensiero, il sentimento, il sogno, l'amore e l'odio...Tutto brilla nel bicchiere come canta il poeta : <è una mistica rivelazione, un pezzo d'Olimpo caduto in terra, infuso di auree scintille celestiali, un mondo in eterna festa, la verità nel sottile velo della poesia, un sacro tesoro di grazia profuse in onde d'incantesimo > (Hoffmann). E tu, o felice mortale, a cui questo tesoro si schiude, come l'innamorata Menade che aspetta tremando di voluttà, il suo amico, fermati: spogliati della tua pelle di uomo importante e per un giorno immergiti giubilando in queste onde. In alto i cuori e le gole: Evoe Bacche
Consigli
pratici. In generale nei Castelli non si beve nelle trattorie, dove si
mangia, ma nei tinelli che cambiano giorno per giorno. Oggi questo vignaiuolo,
domani quell'altro, spillano una botte, e allora mettono fuori del tinello una
frasca verde o una banderuola rossa. Per ciò qualche volta tutta la zona dei
Castelli e sotto l'impero della bandiera rossa. Il miglior vino è dove vedrai
la gente affollarsi, magari dinanzi ad un bugigattolo orribile in una stradicciuola
qualunque. D'inverno si beve sulla strada al sole, d'estate si beve nella
grotta, secondo il consiglio di Lutero < Contro lo spirito della melanconia
>, che nei Castelli e molto perseguitato. Le cantine o grotte sono quasi
tutte pittoresche, in una specie di penombra: gli avventori, uomini e donne
insieme, siedono sopra tronchi d'albero, posti sopra i barili e utilizzati come
panche, scomodi anzichenò. Negli hotels e restaurants di lusso vanno soltanto
coloro che non hanno nessuna relazione con Bacco. Chi ordina il caffè o
adirittura la gazosa, si rende colpevole di lesa maestà verso Dionisio e merita
di essere cacciato a pedate dalle Menadi di Frascati. Ma tu, o giocondo
compagno, che vuoi percorrere come un devoto pellegrino la via sacra di Bacco,
ricorda soltanto la prima regola del nostro culto: Si vis vinum, para... sitin!
FRASCATI
Goethe ti ha chiamato un < paradiso >. Waiblinger glorifica i tuoi giardini, e Platen il furbacchione, soggiunge: < Qui nell'eterno verde delle ombrosissime arcate impari il poeta a poetare e gli amanti imparino ad amare >. Perciò la domenica Frascati e piena di amanti romani e di sposi tedeschi che tutti vanno sotto le ombrosissime arcate (delle cantine) per imparare a poetare e ad amare. Nelle cantine di Frascati, o di Tusculum, e passata tutta una serie di grandi personaggi storici: il re Tarquinio il Superbo, Giulio Cesare e consorte, Cicerone, Pompeo, Lucullo, Crasso, i quali tutti qui agitarono il tirso e cantarono < Evoe >... E quando vennero anche i tedeschi e Cristiano di Magonza, vescovo e generale di Barbarossa, terribile bevitore, imparò ad apprezzare le grotte frascatane... allora cominciò anche per l'anima del bevitore germanico quella gloriosa tradizione, che Scheffel immortalò nelle lapidarie parole: < Cosmogonico e il mio bere - cioè, il trionfo del mio spirito - la mia liberazione- dalle opprimenti pastoie dell'esistenza >. Ed io me ne sono perfettamente convinto e ne ho fatto la prova, quando nella crepuscolare cantina dell'ottimo cavaliere Minardi il vino scorreva dagli annaffiatoi nei bicchieri : < Questo e il trionfo dello spirito !>. Chi non vuole assolutamente bere nel democratico < tinello > (cioè nell'osteria improvvisata dal vignarolo al momento di spillare),può trovare un buon bicchiere alla Torretta (una trattoria fra il Duomo e la terrazza): l'oste è noto col nomignolo di < Capillone >. E' un luogo per artisti e gente alla buona. I <signori > vanno da Cipolletta un po' dopo il mercato delle erbe: il qual Cipolletta ha un cortiletto e una piccola sala pulita e non li meno distribuisce un vinello che merita ogni rispetto, a consolazione delle anime timorate. Ma scommetto che Cipolletta ha anche nella sua trattoria i cosidetti... Falerno, Lacrima Christi e Asti spumante, dei quali Iddio ci protegga - a Frascati.
- Prima di risalire sull'elettrico, il buon pellegrino baciato da Bacco assaggia ancora l'ultimo goccetto nella fantastica Cantina Bernaschii che è appunto sulla piazza dove si ferma il tram dei Castelli, e beve ancora e sogna; fino al momento dell'addio.
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